La spalla è l’articolazione più mobile del corpo.
La stabilità della spalla è garantita dalle strutture capsulo-legamentose e dall’equilibrio dei muscoli che determinano il movimento della spalla (in particolare quelli i cui tendini compongono la cosiddetta cuffia dei rotatori).

Caratteristicamente si configurano tre quadri patologici di instabilità:
- ’instabilità non traumatica
- L’instabilità traumatica senza lesione ossea a carico della glena scapolare
- L’instabilità traumatica con lesione ossea a carico della glena scapolare.
In molti casi l’espressione dell’instabilità traumatica è rappresentata dalla lussazione scapolo-omerale, evento in cui si verifica la dislocazione dell’omero rispetto alla scapola.
1- Instabilità non traumatica
La spalla deve necessariamente avere un certo grado di lassità per potersi muovere in tutte le direzioni.
Quando la lassità risulta eccessiva si configura il quadro patologico dell’instabilità.
Di solito questa circostanza riguarda pazienti giovani, caratterizzati da una certa predisposizione costituzionale.
L’instabilità della spalla può diventare dolorosa e causare limitazione funzionale.
Questo accade, spesso, in presenza di concause quali stress ripetitivi in ambito sportivo.
Nella maggior parte dei casi la terapia è di carattere fisioterapico.
Quando il trattamento conservativo non risulta efficace, è indicato l’intervento chirurgico.
Strutture coinvolte nell’instabilità gleno-omerale:
- Labbro (o cercine) glenoideo
- Capsula
- Legamenti gleno-omerali.


Nella maggior parte dei casi l’intervento indicato è il ritensionamento capsulo-legamentoso artroscopico che si effettua più frequentemente in anestesia loco-regionale periferica (eventualmente combinata a narcosi) e necessita mediamente di un ricovero di 24 ore.
La riparazione avviene tramite alcune piccole incisioni praticate lungo il perimetro della spalla.
In una di queste viene introdotto l’artroscopio, strumento che consente la visione dell’interno dell’articolazione.
Si procede quindi al ritensionamento di capsula e legamenti mediante l’utilizzo di ancorette costituite da materiale riassorbible o completamente in filo, posizionate lungo il margine anteriore della glena.
Dopo l’intervento il paziente manterrà un tutore per quattro settimane.
Le rotazioni saranno protette fino all’ottava settimana per non inficiare gli esiti della stabilizzazione articolare.
Il protocollo riabilitativo post-operatorio prevede il recupero funzionale entro 6-8 mesi ma, in alcuni casi, possono essere indicati tempi più lunghi.
2- Instabilità traumatica e lussazione scapolo-omerale
Un trauma può determinare la lussazione scapolo-omerale della spalla, evento in cui si verifica la perdita dei normali rapporti tra le ossa che compongono l’articolazione.
L’evenienza più frequente è che l’omero si dislochi anteriormente e inferiormente rispetto alla scapola.
Nei casi in cui il danno sia circoscritto alla lesione di tessuti molli (cercine glenoideo, capsula e legamenti), può essere indicato un intervento di riparazione con ancorette denominato intervento di Bankart.
L’intervento di Bankart si effettua più frequentemente in artroscopia, con anestesia loco-regionale periferica (eventualmente combinata a narcosi) e necessita, mediamente, di un ricovero di 24 ore.



La riparazione avviene tramite alcune piccole incisioni praticate lungo il perimetro della spalla.
In una di queste viene introdotto l’artroscopio, strumento che consente la visione dell’interno dell’articolazione.
Si procede quindi alla sutura del cercine alla glena e al ritensionamento capsulo-legamentoso, mediante l’utilizzo di ancorette costituite da materiale riassorbibile o completamente in filo.
Post-operatorio
Il protocollo post-operatorio prevede l’uso di un tutore per quattro settimane e l’inizio precoce della fisioterapia.
3- Instabilità traumatica e lussazione con deficit osseo glenoideo
Quando il trauma determina la frattura del margine anteriore della glena (la sede scapolare dove si articola l’omero) è spesso necessario programmare un intervento chirurgico ricostruttivo più complesso al fine di evitare nuovi episodi di lussazione. L’intervento più frequentemente praticato è l’intervento di Latarjet, che può essere effettuato a cielo aperto o in artroscopia (Latarjet artroscopica).
Lo studio dei tessuti molli dell’articolazione (cercine, capsula e legamenti) viene effettuato mediante esame Artro-RMNche consiste nell’iniezione di un mezzo di contrasto all’interno dell’articolazione e nella successiva effettuazione della Risonanza Magnetica Nucleare.
L’esame TAC consente di quantificare il deficit osseo glenoideo e contribuire e contribuire alla scelta del tipo di trattamento.
La TAC comparativa (metodo “PICO”) evidenzia l’entità della lesione ossea (1) confrontandola con il lato sano (2).






L’intervento più diffuso per la lussazione scapolo-omerale con deficit osseo, consiste nel trasferimento del processo coracoideo (coracoide) sul margine anteriore della glena scapolare.
Si tratta di una tecnica proposta nel 1954 da Michel Latarjet ed è un intervento a cielo aperto in cui la coracoide viene fissata alla glena mediante una o due viti metalliche.
Oggi è disponibile una procedura di trasferimento della coracoide praticabile in artroscopia che definiamo Latarjet artroscopica.
L’incisione cutanea lascia il posto ai portali artroscopici (di solito in numero di cinque) e la fissazione viene affidata a un sistema comprendente due bottoni da sutura corticale al posto delle tradizionali viti metalliche.
Caratteristiche della Lartarjet artroscopica
- Precisione operativa: si tratta di intervento guidato da strumenti dedicati.
- Minimizzazione delle complicanze legate all’utilizzo delle tradizionali viti metalliche.
- Possibilità di associare la riparazione di strutture capsulo-legamentose all’interno dell’articolazione, con ulteriore incremento dell’efficacia della stabilizzazione.
Recupero post-operatorio
Dopo l’intervento il braccio viene immobilizzato utilizzando un tutore, posizionato in rotazione neutra, per due settimane.
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